di Lucia Benedos
Nel disegnare come nello scrivere le lettere, l’artista concretizza le idee attraverso il segno e la carta è il materiale idoneo sensibile e vario su cui il segno grafico e pittorico agisce nella sua immediatezza e vitalità.
Per un grafologo perito forense è fondamentale la possibilità di consultare le carte originali: significa accedere alla personalità grafica dell’autore nel suo “circuito concetto-mano-carattere-sentimento” tramite le tracce lasciate sul foglio. Fenomeni come la pressione grafica, le sfumature del tratto, la ritmica forma-movimento sono in stretto rapporto con l’immagine, con il disegno e con la pittura.
Preziosissima per l’attività di investigazione e condivisione con le varie discipline che si occupano di scrittura, si è rivelata la fitta corrispondenza epistolare di Aldo Carpi, (Milano, 1886 – 1973) – pittore, dal 1930 fu docente di pittura dell’Accademia di Brera (di cui divenne direttore nel 1945) – conservata nell’omonimo Archivio Carpi conservato presso il Centro Apice: i documenti autografi disegnati, le dediche e le lettere d’amore in cui Carpi riflette, racconta, comunica se stesso e il suo tempo per via diretta e indiretta, mentre si confronta, discute o polemizza con l’interlocutore. Nel lavoro di interpretazione grafologica, come in quello peritale, sono inoltre significative, per la comprensione dello scrivente, la punteggiatura, l’impostazione della pagina, la firma; tant’è vero che la dinamica del simbolismo spaziale è attiva non solo nella scrittura, ma in ogni manifestazione culturale umana.
Per comprendere più a fondo il discorso mentale, affettivo e relazionale di una persona con le motivazioni, le risorse e gli impedimenti caratteriali sottesi, si mettono in relazione, inoltre, i segni dei singoli tracciati con lo stile grafico-espressivo dell’impaginazione e con i contenuti del pensiero, ossia con il lessico.
Le due firme qui illustrate ben padroneggiate nel gesto, nei legamenti e nel vivace susseguirsi delle figure letterali, riflettono la mentalità evoluta del giovane pittore. Il rapporto tra forme semplificate e arricchite è abbastanza calibrato, salvo le linee finali di paraffa intrecciate e superflue della seconda firma, che ne rivelano, del resto, le tendenze figurative o astratte e la volontà di liberarsi dagli schemi. L’alternanza di appoggio leggero e calcato, di tratti forti e incisivi o alleggeriti, indica l’alternarsi del fare attivo e vitale, della sensibilità delicata, insieme al sentire emotivo-impressionabile. I tratti chiaroscurati e e il dinamismo di collegamento tra le lettere sono rivelatori di spinta affettivo-creativa; la varietà morfostrutturale nell’eseguire la firma, la capacità di cercare e trovare soluzioni alternative.
In questa prima lettera disponibile, del 1912, il ventiseienne Aldo Carpi manifesta all’amica Maria il proprio disappunto nei confronti dell’ambiente artistico milanese. Il ritmo grafico veloce e regolare, qua e là rallentato dai ritocchi è segno di immediatezza del sentimento, di rapidità di pensiero e di elaborazione, di facilità nell’assimilare forme e contenuti. L’ansia di correggere le lettere mal fatte o incomplete agisce da freno, denota perfezionismo, esigenza di comunicare con chiarezza.
Si può apprezzare la coerenza tra la parola scritta e il dipinto La fuga sia dal contenuto egli appunti, sia dal commento critico di Franco Passoni: “La Fuga (1914) rappresenta nella sua figurazione la folle corsa a cavallo di due persone, un uomo e una donna, inseguite da una nuvola minacciosa. Cosa voleva significare quel quadro? L’impressione preveggente del pittore sulla guerra che era in arrivo nel 1915/1918″.
In una lettera di 9 pagine inviata il 7 Maggio 1914 a Maria Arpesani, comprendente il disegno di due volti e una didascalia, il piacere del movimento vince sulla preoccupazione per la forma; il tracciato sembra un torrente in piena, si sviluppa con gesti dinamici, sobri e progressivi nelle direzioni alto basso-destra. L’andamento leggermente ascendente delle righe è in sintonia con i due volti che guardano a destra, rivolti verso l’alto, il futuro: «Quando un pittore traccia delle linee, ad esempio, crede di essere preciso, in realtà non lo è. Non esiste un “disegno” in pittura. Il disegno del pittore è la sua scrittura. Più la scrittura è, per così dire, informale meglio essa esprime il pittore o il poeta» (Marc Chagall, citato da Charles Sorlier nel 1979).
Nelle lettere dal fronte, lo sconvolgimento interiore e la difficoltà dominare la motricità sono evidenti nella grafia impulsiva, scattante, disordinata nell’incesso, nelle dimensioni e nella forza d’appoggio. I ritratti di questi tre uomini, poi, sono eloquenti quanto le parole.
«15. febbr. Vorrei cantare rispondendo così – Ma il sole è tanto lontano da me – Io lo saluto ma lo conosco poco – Sento il calore ma mi è tanto vicina la tristezza che io non posso vincerla. Sento il peso di immani fatti presenti e futuri. Sento il dolore che avvolge la terra e non sento odio –vorrei odiare ma non trovo i termini – Chi deve vincere? = tutti! chi essere sopraffatto? Nessuno! Qualcosa deve essere vinto! Il male, il troppo – Il troppo è dappertutto?..»
Allo stesso modo, nel diario di coppia condiviso dal 15 febbraio al 26 settembre 1915, la profondità del pensiero, lo spirito critico-intuitivo e la capacità di interpretare eventi complessi con distinguo anche sottili, si manifestano nella scrittura piccola movimentata, negli spazi tra le parole e tra righe, il temperamento emotivo-nervoso nel tracciato sbrigativo semplificato, mutevole nella colorazione.
In un biglietto a Maria, senza data ma databile tra il 1911 e il 1919, con un ritratto e la didascalia “C’era una donna che dirigeva una fonderia per i figli suoi“, l’attenzione ai dettagli, al fare quotidiano famigliare e sociale trova corrispondenza nella grafia minuta dal ritmo veloce, con slanci tra le lettere; la partecipazione affettiva e il calore umano di Carpi nella scrittura attaccata con gli ovali aperti in alto e nella varietà dell’inchiostrazione.
Il lato emotivo infervorato, preoccupato, agitato di questa drammatica fase della vita di Carpi si manifesta negli ingorghi d’inchiostro, negli sbalzi pressori, nella direzione ascendente disordinata delle righe; la grafia “corre” in contesto ritmico spigliato; nel testamento scritto, a 50 anni, il 5 luglio 1936, con inizio “Mentre la mia mente e il mio cuore…”: la mescolanza di tratti violenti o infangati e di gesti scultorei riflette lo scombussolamento emotivo dell’uomo-artista.
Ma il dramma si consuma alcuni anni dopo quando, a 58 anni, il 17 febbraio 1944 è costretto a questa lettera alla moglie Maria ed ai figli, dal carcere di San Vittore di Milano, prima di venire deportato: “Cara Maria, Cari miei, un bacio a tutti – parto serenissimo – circondato da molto affetto anche da parte dei germanici – Perciò spero bene per me per voi – Non so se e quando potrò farvi avere mie nuove – Spero pure che il tempo sia breve e che ci posiamo presto abbracciare tutti uniti – Ho pensato e penso molto a te e ai ragazzi – Che cosa sarà non so – Siate sereni –abbiate pazienza –amiamoci tutti e così sia – Pregate con me – ricordando i nostri cari – un bacio Aldo 17.2.1944“. Colpiscono, in questo messaggio, il lato razionale, la forza di carattere ed il controllo delle emozioni: grafia diritta, sobria, ben organizzata.
In Aldo Carpi la pratica del disegnare e del segnare la carta è sembrata continua e irrefrenabile; dettata da spinte interne: – il bisogno di condividere – e da condizioni esterne – i drammatici periodi delle due guerre, la prigionia, le distanze geografiche, la necessità di sopravvivenza economica, il ruolo in famiglia e in Accademia.
Una consuetudine alla penna che fa riflettere sul valore dei testi scritti a mano, sull’importanza che questi rivestono nel comunicare le proprie esperienze nel tempo, rispetto a testi digitali volatili scritti ad esempio in forma di mail. Le tracce grafiche lasciate nella corrispondenza manuale ben conservata, si tramandano infatti nei secoli con la stessa carica espressiva, con la ricchezza e la varietà dei trasporti estetici, affettivi e razionali, dell’autore.
La scrittura a mano ha anche un valore materico, perché l’inchiostro, il tipo di strumento che si usano hanno essi stessi una propria efficacia rappresentativa e diventano immagine comunicativa. E la carta è un materiale “vivo”, lo sanno bene gli archivisti come lo sappiamo noi grafologi e periti che consideriamo “sacro” ogni documento manoscritto. Così come sacro è il passato di ciascuno di noi. La storia può essere filtrata, appunto, attraverso il vissuto degli umani. Anche solo di un essere umano.